Addio a Brian Hart… quel gran genio di un amico….

In questi giorni, tutti presi dalle critiche condizioni di Schumacher, non ci siamo quasi neppure accorti della scomparsa di Brian Hart.
Hart, lo dicamo per i più giovani, fu l’ultimo artigiano motorista della F1.
La F1 di oggi, con i motori a sviluppo bloccato, con i regolamenti di 300 pagine che dicono pure di che dimensioni devono essere i bulloni, non aveva più nulla da dire a colui che, più che ad un freddo “progettista-tirarighe da CAD” della F1 , somigliava al “gran genio di un amico” di Mogol e Battisti, quello che, cacciavite in mano, faceva partire motori,. Inventava modifiche geniali, supportato da una intuizione enorme, ma anche accompagnato da una goliardia simpatica ed irresistibile. Caratteristica ormai persa nella F1 di plastica di oggi.

1967: Hart al volante della “Protos” aerodimanica estrema e telaio in “Mallite”, (panneli di legno e alluminio)

Dopo una buona carriera negli anni ’60 in F2, Hart divenne anche preparatore di motori. I suoi Cosowrth 4 cilindri 1600 e 2000 erano anche migliori di quelli della casa madre. Poi progettò un nuovo motore fatto in casa col quale cose il primo successo a Thruxton con Bian Henton, su vettura “Boxer”.

   Henton sulla Boxer Hart a Truxton 1977

A fine 1978, i suoi destini si incrociarono con il team Toleman, altra grande congrega di romantici e goliardici. Un altro Brian, Henton, possedeva un suo team che usava i motori Hart . Lui e il team Toleman decisero di “consorziarsi” per affrontare la “temporada” di fine stagione in Argentina.
L’incontro fu fortunato e e l’anno dopo il Team Toleman scese in pista con le nuove Ralt (progettate da Ron Touranac ma finanziate dal team antenato dell’attuale Lotus) con motore Hart.

Il titolo sfumò dopo una arrambante lotta contro la March di Surer e l’Osella di Cheever (entrambi con motori BMW ufficiali) per un errore di Henton a Pergusa che portò ad una squalifica per taglio di chicane.

La Ralt-Hart del 1979

L’anno dopo le nuove Toleman-Hart (costruite in collaborazione con la BS Automotive e progettate dal futuro genio di Benetton e Ferrari, Rory Byrne) dominarano il campionato con Henton e Warwick (ma vinse una gara anche la vettura del Team Docking di Huub Rothengatter)

Fu a questo punto che Hart venne coinvolto nella più arrembante avventura della sua vita. Ted Toleman decise di fare il salto in F1 e, conscio che il futuro erano i motori turbo e non essendo riuscito ad avere i motori Lancia della Montecarlo gruppo 5, convinse e finanziò Hart per entrare in F1.

La prima versione dell’Hart 415Tdi F1 (1981)

Il primo anno e mezzo fu un disastro: la vettura era pesante, goffa (chiamata prima “Maiale volante”, poi “General Belgrano”, come l’incrociatore argentino affondato nella guerra delle Falkland), il motore si rompeva solo a guardarlo. Inizialmente non era neanche in grado di essere portante e sostenere le sospensioni e il cambio, quindi il telaio aveva due longheroni che si estendevano all’indietro. Inoltre scaldava troppo e l’aria dal grosso turbo arrivava al motore ad una temperatura eccessiva facendo perdere potenza.

Hart girava col cacciavite in mano e una macchina fotografica in tasca per fotografare tutto, sia i motori degli altri, sia le donne dei box….

Era un grande tecnico, con una memoria e cultura eccezionale (ebbi modo di conoscerlo nel 1985). Con tenacia trovò le soluzioni giuste: prima ridisegnò il motore con una soluzione apparentemente obsoleta, ma in realtà innovativa: inglobò il basamento e la testata in un unico pezzo irrigidendo il tutto. Poi tolse l’intercooler e realizzò un “radiatore” alla rovescia che usava l’acqua per raffreddare l’aria del turbo. Una soluzione tornata in auge nelle auto ad alte prestazioni negli ultimi 10 anni.

Ci vollero 11 gare per vedere una Toleman-Hart qualificarsi, a Monza con l’immediata soddisfazione di riuscire a finire la corsa senza problemi. Nel 1982, arrivarono le prime soddisfazioni. Derek Warwick ottenne il giro più veloce in gara in Olanda e al Gran premio d’Inghilterra arrivò sino al secondo posto, dopo un sorpasso da manuale alla Ferrari di Didier Pironi e prima di ritirarsi per una rottura di un semiasse (ma in realtà la vettura era partita con poca benzina e forse con qualche altro trucchetto)

Nel 1983, nonostante le grandi aspirazioni del team Toleman e una nuova vettura, le continue rotture delle Turbine Garrett, privarono la Toleman e Hart  di risultati sino a quando due altre geniali intuizioni portarono finalmente l’affidabilità necessaria. Prima adottò l’accensione a doppia candela, inedita n F1 su piccoli motori turbo. La seconda fu legata alle turbine. La sfida tecnica era tra i tedeschi della KKK-Eberspecher e gli americani della Garrett. Le prime erano usate da BMW, Porsche e Ferrari, le altre da Renault e Hart.  Hart, scoprì un fornitore digiuno di F1 che forniva turbine all’Iveco per i suoi camion. Poiché il Toleman Group era prima che una scuderia di F1, una grossa azienda di trasporti e si riforniva di ricambi da questa casa per i  suoi camion Iveco. Si dice che i primi test al banco furono fatti con turbine prese dal parco ricambi delle officine del gruppo.

Con queste turbine da camion, Warwick arrivò finalmente a Punti in Olanda (4°) e chiude a punti anche le tre gare successive.

Nel 1984 arrivò Ayrton Senna alla Toleman e fu l’anno dello storico secondo posto a Montecarlo. (in realtà una vittoria rubata da Jackie Ickx e Ron Dennis) .

L’era del turbo in F1 aveva portato a sempre maggiori sofisticazioni insostenibili per un piccolo costruttore. L’anno si chiuse con altri piazzamenti sul podio. Quell’anno oltre alla Toleman, si erano aggiunti come clienti di Hart anche RAM e Spirit, due piccoli team squattrinati e che lasciarono a Brian un mare di crediti inesigibili.

1984 Montecarlo

Il 1985 fu disastroso. La Toleman dovette saltare le prime 3 gare perché senza un fornitore di gomme, la RAM, malgrado un ambizioso progetto non concluse quasi nessuna gara e la Spirit di ritirò dopo 3 gare cedendo la fornitura gomme alla Toleman. L’unica soddisfazione fu la sorprendente pole di Teo Fabi ad Hockenheim.

Purtroppo a fine 1985 la Toleman, diventata Benetton passò ai motori BMW, ed i fallimenti di RAM e Spirit lasciarono Hart in grande difficoltà. Evitò il fallimento grazie ad una fornitura estemporanea di motori al team Americano Force-Haas , in attesa che arrivasse a questi il nuovo motore Ford. Ford che comuqnue assegnò a Brian una serie di consulenze per migliorare i motori della vettura da Rally “RS200” e delle “Sierra Cosworth Evoluzione”

A fine 1986, Hart vendette la sua società alla Cosworth, salvo poi ricomprarsela nel 1988, quando il ritorno ai motori aspirati gli consentì di tornare a fare da preparatore. I Cosworth DFR V8 pur vetusti, trovarono nelle sue mani nuova vita e risultati.

Ma fu il 1994, l’anno della gloria. Hart aveva realizzato l’anno precedente un 10 cilindri aspirato, che dopo un anno di “rodaggio” si era dimostrato economico ma prestazionale .

Erano finiti i tempi dell’empirismo, nella Formula computerizzata sembrava non esserci più spazio per un artigiano geniale come Hart, che senza problemi passava dal CAD alla chiave inglese, dal freddo monitor al caldo olio esausto. Che sapeva che i suoi motori non sarebbero mai stati i migliori della F1, poiché realizzati da un “povero” artigiano, ma che sarebbero sempre stati più che dignitosi.

Nel 1994 quel motore fece faville: sulla Jordan ottenne una pole in Belgio, un podio in Giappone e permise al Team di chiudere al quinto posto in classifica costruttori.
Purtroppo nel 1995 Jordan abbandonò i motori Hart per i motori Peugeot: scarsi ma forniti da un costruttore, che non solo non si faceva pagare ma finanziava pure il team (anche se con i soldi di Ron Dennis per una penale miliardaria). Fu per la Jordan un disastro tecnico-sportivo.

Hart così si legò per la prima volta alla Arrows, all epoca denominata Footwork e di proprietà di Jackie Oliver, un vecchio marpione della F1.

Fu l’inizio della Fine. Per risparmiare, vista la riduzione della cilindrata da 3500 a 3000 cc e per i problemi economici del team, fu realizzato un modesto 8 cilindri. Unico momento di gloria fu quello di un fortunato 3°posto di Gianni Morbidelli nell’ultima gara in Australia 1995.
Nel 1997 la Arrows passò in mano a Tom Walkinshaw e Hart passò a fornire i motori alla squattrinata Minardi.


L’anno successivo, Walkinshaw, che dopo vent’anni di grandi risultati ottenuti nelle corse  con il suo “Tom Walkinshaw Racing”, era entrato in F1 prima come socio di Briatore alla Ligier poi come proprietario nella “Arrows” ma che aveva finito per darsi più alle speculazioni finanziarie, entrò nella Brian Hart Limited. Fu costruito un nuovo 10 cilindri, ma il “matrimonio” finì male per Brian: fu letteralmente truffato dal manager scozzese che non solo non gli pagò una lira, ma lo coinvolse in una causa legale, che Hart perse.

I giornali e periodici specializzati dell’epoca, non diedero notizia della cosa, costretti al silenzio dalla mafia imperante in F1.

Walkinshaw ebbe pochi anni dopo quello che si meritava. La sua TWR, schiacciata dai debiti, dalle speculazioni finanziare, fallì durante la stagione 2002, senza che nessuno muovesse un dito per aiutarlo. Neanche il tentativo di rilevare la “Prost Grand Prix” tramite la finanziaria di un suo “amico”, fallì, fermata dalla federazione internazionale e da Bernie Ecclestone, assolutamente desiderosi di togliersi dai piedi un personaggio a dir poco discutibile.

Hart si ritirò in Francia a e tagliò tutti i ponti con la F1 e la Gran Bretagna.

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