Sono stato piu cattivo (Enrico Ruggeri)

RuggeriSe c’è un personaggio del mondo della musica (e della cultura italiana) fuori dalle regole e che non nasconde la cosa, questi è proprio Enrico Ruggeri. Mai condiscendete con l’ipocrisia imperante nella critica musicale italiana, dominate da un congrega di ricchi radical chic e a libro paga delle major discografiche, neppure quando racconta la propria vita, con quel fondi di rabbia che ha sempre ispirato le sue opera, canzoni , libri o programmi televisive o radiofonici che fossero.

Non eccede Ruggeri ne nel moralismo, ne nel tremendismo (facile sarebbe dipingersi come un ex profeta maledetto), ma piuttosto analizza la propria esistenza, il come questi avvenimenti abbiano forgiato in lui un certo carattere, un certo modo di vedere la vita. Magari rosicando un poco…

La rabbia che gli fece abbracciare prima il Punk, poi un certo tipo di New-Wave post-punk, ma anche svoltare verso uno stile da chassioner francese, e poi ad un rock duro e perfino glam (quando il glam era fuori moda), quindi al progressive.
In questa autobiografica (che si ferma alla fine degli anni ’90) Ruggeri non nega nulla: il bullismo subito da ragazzino, un padre assente e fuori di testa (ma senza dipingere tinte fosche che non c’erano) , le zie che lo viziavano, gli approcci con le ragazze, le cause legali con i discografici, le truffe subite da questi ultimi, le giurie sanremesi spesso pilotate (come nel 2003 ai tempi di “Nessuno Tocchi Caino”), i suoi scontri con l’omologante cultura proletaria (ma che di proletario aveva nulla) del ’77, I suoi problemi con le ragazze poi sfociati raggiunta la fama in una forma di dipendenza dal sesso, ai problemi con la droga (il suo unico spinello che gli fece avere giovanissimo guai giudiziari, la dipendenza dai farmaci nei primi anni ’80, quindi la cocaina assunta con moderazione, ma continuativamente dal 1985 al 1996, sino ad un illuminate viaggio in Brasile, all’unico vizio rimastogli ossia il tabacco), gli errori commessi con la prima moglie. Ma anche il senso dell’amicizia con I propri collaboratori, il sentirsi più leader di una band che un cantautore.

 

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